A cura di Giovanni Florio
Novembre in Calabria è un mese speciale, ricco di tradizioni che celebrano la memoria dei defunti. Queste ricorrenze si aprono con la festa di Ognissanti il 1° novembre e culminano il giorno successivo con la Commemorazione dei Defunti. Un periodo in cui le famiglie si riuniscono, anche con figli che tornano a casa per condividere momenti di convivialità, rinsaldando i legami tra vivi e defunti.
Le tradizioni calabresi sono intrise di credenze antiche, che parlano di un legame indissolubile tra la vita e la morte. Secondo una leggenda popolare, l’anima del defunto, prima di raggiungere l’aldilà, deve attraversare un ponte, noto come il “Ponte di San Giacomo.” Questo passaggio, però, avviene solo dopo che il corpo è rimasto in casa per un’intera notte, permettendo all’anima di salutare i propri cari. Se l’anima è appesantita dai peccati, può trovarsi in difficoltà, un dettaglio che sottolinea l’importanza del viaggio dell’anima nel folclore calabrese.
Il 2 novembre, la luce assume un significato speciale in Calabria. Accendere candele davanti alle tombe o sulle finestre è un gesto che serve a illuminare il cammino delle anime verso il paradiso. In alcune località calabresi, come Nicotera, si è soliti lasciare acqua e un tovagliolo sul davanzale, un atto di ospitalità nei confronti delle anime dei defunti.
A Serra San Bruno, troviamo una tradizione che richiama il moderno “dolcetto o scherzetto”: la festa di “lu coccalu” o del teschio. I bambini intagliano zucche in cui inseriscono candele, creando maschere mostruose, e girano per le case chiedendo dolci. Le zucche rappresentano l’autunno e l’inverno imminente, mentre le candele simboleggiano la luce eterna per ricordare i defunti.
In molte case calabresi, i riti legati alla morte sono ancora presenti. Ad esempio, durante il lutto, si coprono gli specchi per evitare che l’anima del defunto possa rimanere intrappolata. Nei paesi della Città Metropolitana di Reggio Calabria e dell’Aspromonte, le tradizioni sono vivissime. A Piminoro e Oppido Mamertina si prepara un pranzo abbondante da offrire ai vicini, come atto di amore e suffragio per le anime.
La notte tra l’1 e il 2 novembre si lascia spesso un piatto con cibo e vino sulla tavola affinché le anime possano rifocillarsi. In molte famiglie si preparano dolci come i “morticeddi” – biscotti secchi che richiamano le ossa dei defunti – e la frutta martorana, piccole opere d’arte di pasta di mandorla. Tra i dolci tipici, troviamo le Dita degli Apostoli, le Fave dei Morti e il Grano dei Morti. Le Dita degli Apostoli, biscotti dalla forma allungata simili a crepes, sono farciti con crema o cioccolato e vengono lasciati in casa affinché le anime dei defunti possano gustarli.
Il caffè aromatizzato all’anice è un’altra usanza calabrese che serve a ricordare i cari scomparsi. Durante il banchetto funebre, spesso svolto vicino alle tombe, il cibo diventa un ponte simbolico tra vivi e morti.
La cucina calabrese si arricchisce di piatti simbolici in occasione di queste celebrazioni. Il “grano dei morti”, preparato con chicchi lessati e conditi, simboleggia il ciclo di vita e morte, mentre le “fave dei morti” sono considerate un dono per le anime. Nella zona di Crotone, si usa preparare tagliatelle con ceci, piatto che spesso viene portato al cimitero, in segno di continuità e rispetto per il passato.
Le tradizioni calabresi per la commemorazione dei defunti riflettono un forte attaccamento culturale, unendo comunità e famiglie in un ricordo collettivo che sfida il tempo. Attraverso riti, simboli e sapori, la Calabria celebra la vita, la morte e la memoria in un ciclo che si ripete, mantenendo viva la connessione tra i mondi dei vivi e dei morti.
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I borghi calabresi che vi consigliamo di visitare per il ponte dei morti sono: Tropea, Taverna, Altomonte, Serra San Bruno, Oriolo e Pentedattilo.