L’indiscutibile bontà e varietà della cucina calabrese rappresentata dai 3 alimenti simbolo della nostra cultura enogastronomica non annovera però tra le sue ricette solo piccanti sfiziosita’, ma ricercate prelibatezze da scoprire per conoscere meglio la ricchezza della nostra terra.
Infatti oltre a vini, salumi e formaggi, anche i nostri dolci in particolare legati alle festività religiose, sono un vanto che rendono onore al merito.
In questo II itinerario del gusto di CalabriaGO vi raccontiamo ricetta, storia e tradizione dei 4 cibi più strani della Calabria.
Di origine sudamericana (Peru’, Ecuador, Colombia, Bolivia), l’annona (in dialetto Calabrese “a nona” o “u nonu”) è un frutto esotico presente nella cucina calabrese da oltre 200 anni perché le prime coltivazioni vicine a Reggio risalgono al 1800.
Per il microclima temperato-caldo del territorio infatti (che va da Reggio Calabria a Bagnara Calabra passando per Gioiosa Jonica fino alla Sicilia Orientale) ha ottenuto la certificazione De.c.o (denominazione comunale di origine) “Annona di Reggio”. Per questo motivo è inoltre considerato un prodotto di nicchia di alto pregio organolettico per le sue particolari qualità olfattive.
La sua unicità infatti è proprio il fatto che cresce solo vicino a Reggio Calabria in un’area che si estende solo per 50 km da Scilla a Pellaro.
A forma di cuore o cono, l’annona é il simbolo di Reggio Calabria perché è la meravigliosa decorazione che fa da cornice al chilometro piu’ bello d’Italia – come ebbe a definirlo il vate Gabriele D’Annunzio – il lungomare Falcomatà di Reggio Calabria.
Importata dagli spagnoli del Sud America sulle coste della Calabria nel 1797, l’annona é sana e molto nutriente perché la polpa tenera e cremosa (anche se poco succosa) della sottile buccia squamosa è ricca di proteine, vitamine del gruppo B e C, minerali (calcio, potassio), antiossidanti e fibre: 100g del frutto apportano infatti solo 68 Kcal (nonostante l’alta percentuale di zuccheri).
E chi l’avrebbe mai detto che una bevanda simile alla Coca Cola fosse un’invenzione calabrese?
Eh sì perché dovete sapere che come recita lo slogan pubblicitario “Ti frizza la vita” la brasilena è una bevanda gasata al caffé ottenuta dal mix di acqua frizzante oligominerale, zucchero, aromi naturali estratti dal caffè (12%) e colorante al caramello, che apporta solo 45 kCal per 100g.
BRASILENA: COM’E’ NATA LA GAZOSA AL CAFFE’
Meglio nota anche “gassosa al caffè”, la brasilena è una bevanda analcolica frizzante introdotta dalla famiglia Cristofaro, proprietaria della storica azienda di acqua minerale Acqua Calabria dove oggi viene prodotta presso lo stabilimento di Monte Covello a Girifalco, in provincia di Catanzaro.
Nata in Calabria, nel 1982 iniziò a diffondersi anche in Campania, Puglia, Sicilia, Lazio.
E’ considerata un soft drink come la soda perché è una bevanda analcolica classificata come “acqua gasata al caffè”: una novità che portò l’azienda a decidere di ingrandirsi puntando sulla tecnologia.
La sua esclusività è però il formato di vendita (difficilmente reperibili in commercio in Italia/sul mercato italiano non esiste) perché è disponibile solo in piccole bottigliette di vetro da 18, 25 e 92 cl (confezioni da 6 x], lattine di alluminio large/slim da 25 cl e nel nuovo formato PET da 25 cl. E’ disponibile anche una versione al limone simile all’acqua tonica.
Orgoglio calabrese, è apprezzata in tutto il mondo per il suo sapore unico e naturale come la terra che rappresenta, grazie al quale ancora oggi continua a registrare una crescente richiesta. Infatti viene esportata anche in Albania e persino in Australia, Stati Uniti, Canada e Cina: l’etichetta infatti è stata tradotta in molte lingue, tra cui anche l’arabo.
Per la sua estrema versatilità sul sito l’azienda propone esotiche formule cocktail da provare con i vostri amici per rendere l’aperitivo in una delle nostre meravigliose ville con terrazze vista mare ancora piu’ cool!
I panicelli PAT di Santa Maria del Cedro (elenco prodotti alimentari tradizionali) sono il simbolo della riviera dei cedri, in particolare nel territorio dell’Alto-Cosentino (Verbicaro, Diamante, Scalea, Santa Maria del Cedro).
Si chiamano così perché sono fagottini cotti al forno a legna avvolti in aromatiche foglie di cedro di Calabria, come quello di Diamante.
Anticamente era di buon auspicio per l’anno nuovo consumarli durante le festività natalizie meglio se accompagnati da un buon vino tipico calabrese, nel 2000 il loro prestigio è stato riconosciuto con il Premio Internazionale dei Sapori Milano.
Considerati uno squisito dolce calabrese da apprezzare come un vero dessert, come consiglia Gabriele D’Annunzio in un passo della celebre opera La Leda senza cigno (1916) sono ottimi da degustare a piccoli sorsi con un vino passito ma anche un liquore o un vino tipico calabrese dolce (moscato, passito, malvasia) il cui sapore esotico esalta l’intenso profumo dei panicelli
Per la curiosa preparazione queste vere delizie di Calabria sono considerate preziose rarità.
Conosciuti anche come “pagnottine” o “palluni di fichi”, sono persino citati dal poeta Gabriele D’Annunzio – di cui era ghiotto – in una delle sue famose opere La Leda senza cigno (1916) che ebbe a definirli come “pregiati agrumi”
“…sorrido pensando a quegli involti di fronde compresse e risecche, venuti di Calabria che un giorno vi stupirono ed incantarono, quando ve li offersi sopra una tovaglia distesa sull’erba non ancora falciata…Gli involti erano di forma quadrilunga come volumetti suggellati d’un solitario che avesse confuso felicemente la biblioteca e l’orto. Ci voleva l’unghia per rompere la prima buccia…Ma ecco l’ultima foglia in cui è avvolto il segreto profumato come il bergamotto. L’unghia la rompe: le dita s’aprono e si tingono di sugo giallo, si ungono di un non so che unguento solare. Pochi acini di uva appassita ed incotta… pochi acini umidi e quasi direi oliati di quell’olio indicibile ove ruota alcun occhio castagno ch’io mi so, pochi acini del grappolo della vite del sole appariscono premuti l’un contro l’altro, con che di luminoso nel bruno, con un sapore che ci delizia prima di essere assaporato…”
Anche se presente su tutto il territorio calabro, la ricotta affumicata crotonese è considerata pregiata perché al siero viene aggiunto il 10% di latte ovino o caprino pur essendo già prodotta con latte intero di pecora munto solo da pecore locali.
E’ un formaggio fresco a pasta liscia e burrosa e crosta dura di consistenza rugosa al tatto (su cui sono visibili i segni dei fuscelli di giunco), dal colore marrone tipico dell’affumicatura.
Nella prima fase viene raccolta in fuscelli di giunco e fatta spurgare per un giorno. A questa fase segue la stagionatura di un mese che avviene su graticci di legno d’ulivo o arancio riposti all’interno di locali ben areati.
Dopo l’estrazione e la salatura a secco viene cotta nel forno.
Infine per l’affumicatura sono necessari 3 giorni, dopodiché richiede una maturazione in ambiente areato che dura una settimana.
RICETTE CON RICOTTA CROTONESE